diabete tipo 1

Il diabete di tipo 1

11 Novembre 2023

Che cosa è il diabete di tipo 1

Il diabete mellito di tipo 1 è una malattia cronica che viene provocata dalla distruzione su base autoimmunitaria delle cellule beta del pancreas, che sono quelle che producono l’insulina.

La distruzione di queste cellule porta ad una produzione non sufficiente dell’ormone essenziale nel metabolismo dei carboidrati, l’insulina, andando così a determinare l’incapacità per i tessuti dell’organismo di utilizzare il glucosio a fini energetici e, quindi, causando un aumento della concentrazione del glucosio circolante nel sangue (iperglicemia).

Solitamente il diabete mellito di tipo 1 compare nel periodo infantile o giovanile, ma non sono rari i casi in cui la malattia può comparire anche in età adulta.

Solitamente questa malattia esordisce in modo acuto, ma alcune forme di diabete autoimmune possono avere invece, una progressione più lenta, come nel caso del diabete di tipo LADA (Latent Autoimmune Diabetes of the Adult).

Sintomi del diabete di tipo 1

I sintomi più comuni del diabete mellito di tipo 1 vengono annunciati dalla triade caratterizzata da:

  • Poliuria (aumento del quantitativo di urina)
  • Polidipsia (aumento della sete)
  • Polifagia (aumento del senso di fame)

Alla polifagia si associa anche molto spesso la perdita di peso, vomito, senso di nausea, la debolezza muscolare, l’astenia, gravi problemi di alterazione visiva e le infezioni genitali.

La malattia può anche presentarsi in modo drammatico nel caso della chetoacidosi diabetica.

Questa particolare condizione, che è potenzialmente letale, rappresenta il risultato della mobilizzazione di altre fonti di energia metaboliche (precisamente i grassi che sono depositati nel tessuto adiposo) con la formazione e l’accumulo di corpi chetonici.

Il paziente che presenta la chetoacidosi diabetica può presentare:

  • Nausea
  • Vomito
  • Dolore addominale
  • Alitosi (l’odore è simile a quello della frutta marcia)
  • Confusione mentale
  • Coma (in alcuni casi)

Il diabete mellito di tipo 1, essendo una malattia cronica, può nel tempo portare a delle complicanze che vengono classificate in macrovascolari (che coinvolgono i grossi vasi) e microvascolari (che coinvolgono i piccoli vasi).

Tra le complicanze macrovascolari abbiamo l’infarto del miocardio, l’ictus, l’arteriopatia obliterante agli arti inferiori.

Tra le complicanze microvascolari, invece, abbiamo la nefropatia, la retinopatia e la neuropatia.

Queste complicanze possono portare rispettivamente ad un’insufficienza renale cronica con la conseguente necessità di dialisi o di un trapianto di rene, la cecità e delle alterazioni irreversibili della sensibilità nervosa che, unite insieme alle alterazioni della circolazione ematica, tendono a favorire la comparsa di lesioni ulcerative a carico degli arti inferiori (il piede diabetico).

Una complicanza molto frequente nel paziente affetto da diabete di tipo 1 è l’importante riduzione della glicemia (ipoglicemia) dovuta ad una terapia insulinica non sempre adeguata.

Diagnosi

La diagnosi del diabete di tipo 1, a differenza di quella del tipo 2, avviene quasi sempre quando iniziano a comparire i sintomi tipici dell’esordio della malattia: poliuria, polidipsia e polifagia.

La diagnosi viene confermata qualora si riscontrino dei valori di glucosio nel sangue (glicemia) superiori a 200 mg/dl e/o se vengono riscontrate la presenza di zucchero o di corpi chetoni nelle urine e/o se il valore della glicemia a digiuno e maggiore o uguale a 126 mg/dl.

La diagnosi può poi anche essere maggiormente confermata dalla ricerca di anticorpi (anti-GAD, anti-IA2 e anti-trasportatore 8 dello zinco) che sono indicativi della natura autoimmune della malattia e anche dalla verifica della secrezione endogena residua di insulina mediante la determinazione dei livelli circolanti di C-peptide.

La produzione di insulina, nel diabete di tipo 1, è enormemente ridotta se non addirittura completamente assente.

Come si cura il diabete di tipo 1

L’insulina rappresenta un ormone essenziale alla sopravvivenza perché è il regolatore principale dell’utilizzo e dell’immagazzinamento delle fonti energetiche (zuccheri e grassi) del nostro organismo.

Pertanto, quando ci si trova con un forte deficit di questo ormone, l’unica soluzione terapeutica non può che essere la somministrazione esterna dell’insulina.

L’insulina non può essere assunta per via orale, in quanto viene degradata dai processi digestivi e deve quindi per forza di cosa essere somministrata per via iniettiva sottocutanea.

A questo scopo si possono utilizzare le insuline basali o le insuline pronte.

Le insuline basali hanno una durata compresa tra le 16 e le 28 ore, e solitamente, vengono somministrata in una sola volta (solitamente di sera) e servono a garantire i livelli basali di insulina importanti per il controllo della glicemia nel corso del digiuno notturno e al risveglio così come i livelli di glicemia tra un pasto e l’altro.

Le insuline pronte, invece, sono insuline che entrano in circolo rapidamente andando a determinare immediatamente un innalzamento dei livelli di insulina per poi esaurirsi nel giro di 4-6 ore.

Il loro impiego serve a tenere sotto controllo la glicemia in occasione dell’assunzione di un pasto, e quindi vengono iniettate per via sottocutanea prima di ogni pasto.

Una soluzione alternativa è anche la somministrazione sottocutanea continua di insulina tramite un microinfusore che viene programmato a seconda dei bisogni del paziente.

Le dosi di insulina, in entrambi i casi, devono essere adeguate in base alle misurazioni dei livelli di glicemia della persona (automonitoraggio).

Questo solitamente avviene con la misura della glicemia su sangue capillare (ottenuto ad esempio con la puntura di un polpastrello) con degli appositi glucometri.

Negli ultimi anni, sono stati introdotti anche dei sistemi più avanzati che sono in grado di monitorare in modo continuo i livelli glicemici grazie ad un sensore sottocutaneo.

Questo sensore lavorando in tandem con un sistema di infusione dell’insulina riesce a calcolare automaticamente e quindi a rilasciare le giuste dosi di insulina in base al fabbisogno del paziente.

Questo nuovo sistema funziona in modo identico al pancreas e pertanto viene chiamato pancreas artificiale.

CI sono poi altre soluzioni alternative ma che implicano un trapianto, come quello delle isole pancreatiche o del pancreas stesso.

Questo tipo di soluzione è riservato a casi che vengono selezionati accuratamente e nei quali il beneficio del trapianto e la necessità di una terapia immunosoppressiva continua deve essere valutato attentamente.

Il ricorso alle cellule staminali, al momento è un ambito di ricerca attiva ma non ha ancora una applicazione clinica.

Altrettanto attiva è anche la ricerca di un efficace sistema di prevenzione che sia in grado di conferire una tolleranza immunitaria nei confronti dei processi che portano alla distruzione delle cellule beta del pancreas.

Qualunque sia la forma con cui viene somministrata l’insulina, lo scopo terapeutico è sempre quello di raggiungere e mantenere un valore di emoglobina glicata (HbA1C, che è un indicatore dei livelli medi della glicemia nel corso dei 2-3 mesi precedenti al momento della sua determinazione) uguale o inferiore al 7% e con il minor numero possibile di ipoglicemie.

Questo obiettivo terapeutico è stato sviluppato con studi su vasta scala e indica il valore che comporta una maggiore riduzione del rischio di sviluppare le complicanze di carattere cronico della malattia.

Una parte integrante della gestione del diabete di tipo 1 è l’automonitoraggio dei valori glicemici, il controllo periodico dell’HbA1c e un controllo regolare presso uno specialista in diabetologia per degli screening delle complicanze.

Quanto è diffuso

Il diabete mellito di tipo 1 è la malattia metabolica più comune dell’infanzia.

Solo negli Stati Uniti ci sono oltre 1 milione e mezzo di persone affette da questa malattia.

In Europa, Medio Oriente e Australia l’incidenza della malattia è in costante aumento (circa il 2-5% all’anno).

In Italia si rivelano circa 80 nuovi casi per ogni milione di persone e si stima che più di 250 mila italiani sia affetti da questo tipo di diabete.

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